SIR - Fiducia nei laici. Convegno dell'Azione cattolica alla vigilia della beatificazione di Giuseppe Toniolo

28 aprile 2012 - La Chiesa è "esperta in umanità" perché è "esperta del vero uomo, che è Gesù Cristo, il quale è vero Dio e vero uomo". Padre Enzo Bianchi, priore del monastero di Bose, è tra le voci impegnate nel convegno su "Esperti in umanità. Concilio, Azione cattolica, formazione", promosso dall'Ac nazionale (Roma, 28 aprile - 1 maggio) e caratterizzato dalla beatificazione di Giuseppe Toniolo, uno dei "padri" dell'associazione, fissata per domani nella basilica papale di San Paolo fuori le mura. L'incontro è cominciato con una tavola rotonda intitolata "La profezia del Concilio, speranza per l'uomo".

Sappiamo parlare ai fratelli? Enzo Bianchi si è dapprima soffermato sul titolo della tavola rotonda, affermando: "Profezia del Concilia significa, anzitutto, che esso è annuncia della Parola, è epifania del Vangelo, voluta dallo Spirito e dai pastori. La profezia sta qui, nel ridar voce, ancora una volta, alle pagine del Vangelo" che "sono sempre novità" per ogni uomo e per ogni tempo. "Il Concilio ci indica inoltre la strada del dialogo. Del dialogo fra Dio e l'uomo, attraverso la liturgia e la Bibbia, così come del dialogo ecumenico, di quello interreligioso. E poi il dialogo con tutti gli uomini", mediante una limpida testimonianza da parte dei cristiani. Bianchi ha subito aggiunto: "Il Concilio ci ha spalancato orizzonti inediti sull'umanità", che richiede una Chiesa aperta, "amica dell'uomo" e del suo tempo. Citando più volte i pontefici, Bianchi ha affermato: "Temo che i veri tradimenti del Concilio in questi 50 anni che ci separano dalla sua apertura", avvenuta nell'ottobre 1962, "nascano ogni volta che non si ha la capacità di vedere l'uomo creato a immagine di Dio". "Sappiamo parlare di Dio all'umanità di oggi?", si è domandato Bianchi. "Sappiamo mostrare che ciò che è cristiano è anche profondamente umano?". "L'umanità di Cristo, mentre indica la via del Padre, segnala anche - secondo il priore - il percorso per arrivare ai fratelli". 

Domanda di riconciliazione. Giovanni Grandi, docente di Antropologia applicata all'Università di Padova, ha preso le mosse dal concetto di "Chiesa corpo mistico di Cristo", giungendo, con Tommaso d'Aquino, al termine di Chiesa come "persona ecclesiae", per poi interrogarsi sulle "esigenze che caratterizzano una persona". Qui Grandi ha citato in primo luogo "l'esigenza di cambiamento": "Avvertiamo che cambiare è vitale. Ci accorgiamo che qualcosa non va quando ci fossilizziamo nelle nostre abitudini, quando ci limitiamo a ripetere stancamente le solite cose, quando nulla di nuovo entra nella nostra esperienza. La vitalità sta nella discontinuità, e la discontinuità, se è costruttiva genera maturazione". Ma ogni persona manifesta anche "un'esigenza di stabilità", nel senso che "la continuità nella nostra identità è irrinunciabile". "Sorge allora almeno una terza esigenza: quella di tenere insieme il cambiamento e la stabilità. È l'esigenza di custodire un'integrità nella vita, cioè di comprendere sempre meglio in che modo tutto ciò che appartiene alla nostra storia, ciò che siamo stati e ciò che siamo ora, può stare insieme". Dunque ritrovare l'unità e l'integrità "nella filigrana dei cambiamenti si traduce fondamentalmente in una domanda di riconciliazione". Ci aiuta questo modello a pensare la Chiesa?, ha aggiunto Grandi. "Possiamo dire certamente di sì, perché l'ultima proposizione - ‘la natura della vera riforma consiste proprio in questo insieme di continuità e discontinuità' - appartiene a Benedetto XVI, e l'ha riferita proprio alla vita della Chiesa, indicandoci il modo di comprendere quel cambiamento che è stato il Concilio vaticano II". 

Le briciole, la navicella. Una lettura originale del tema "profezia, Concilio, uomo" è giunta da mons. Simon Ntamwana, arcivescovo di Gitega e presidente dell'associazione delle Conferenze episcopali dell'Africa centrale. Il prelato ha proceduto in primo luogo a una collocazione storica dell'evento conciliare, segnalando come esso sia stato vissuto e recepito in situazioni assolutamente differenti alle diverse latitudini. "A dire il vero - ha affermato - l'Africa ha finora avuto le briciole del Concilio. Le ragioni di questo fatto sono molteplici: scarsità di teologi; catena informativa insufficiente; traduzioni rare in lingue vernacolari; Chiese locali sprovviste di un personale pastorale (sacerdoti, consacrati e laici) competente e in numero sufficiente". Eppure mons. Gitega ha insistito sul dovere di far giungere il messaggio del Vaticano II in ogni angolo del mondo, perché "esso ci ricorda e ci insegna che il destino dell'uomo e quello della Chiesa coincidono", così come "scopriamo nei documenti conciliari". Il vescovo ha poi portato l'attenzione sul laicato: "La Chiesa parla ai laici con la fiducia di una mamma" e indica ai laici "la piena partecipazione alla missione di evangelizzare il mondo" che "può passare solo attraverso un impegno forte e cosciente dei laici stessi". "Qualcuno si augura nella Chiesa un nuovo Concilio ecumenico", ha infine dichiarato Ntamwana, "ma per quanto capisco dell'attuale situazione ecclesiale, penso piuttosto a una maggiore conoscenza del Concilio. Se tutta la Chiesa si imbarca su questa navicella, sicuramente essa troverà cibo sufficiente per altri 50 anni".